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Alidad Shiri incontra gli allievi di due scuole di Livorno

Clicca per ingrandire16 Febbraio 2013

Alidad Shiri, il giovane profugo afghano che dopo infinite vicissitudini ha trovato finalmente rifugio in Italia e ora vive e studia a Merano, è tornato nella nostra città, accompagnato dalla sua insegnante Gina Abbate per parlare di pace e di guerra, di amore e intolleranza agli allievi della scuola media "Bartolena" e dell' ISIS "Niccolini-Palli". Avevamo incontrato Alidad già due anni fa, quando era venuto al Centro Donna per presentare il suo libro "Via dalla pazza guerra" e già allora le sue parole Parte del pubblico (Clicca per ingrandire) avevano ricevuto l'attenzione di due classi della scuola dell'obbligo oltre che dei vari adulti presenti. 

Ma stavolta davanti a una platea davvero numerosa (quasi duecento persone tra alunni e adulti) ha potuto parlare per oltre un'ora di seguito nell' ampio salone della scuola "Bartolena", sede di via Michel, senza che si sentisse volare una mosca. Ragazzini, che fino a pochi minuti prima si agitavano vivaci e ciarlieri sulle loro sedie, sono diventati muti e immobili ad ascoltare, talvolta con la bocca semiaperta e lo sguardo fisso sull'oratore, quel giovane di pochi anni più grande di loro che descrive le vicende drammatiche e dolorose che a nove anni appena lo hanno portato a fuggire dal suo Paese devastato dal fanatismo e dalla guerra e a vagabondare prima tra Pakistan e Iran e poi in Turchia e in Grecia, a lavorare duramente come un adulto, a scappare, a nascondersi, a provare la fame e il freddo, a correre pericoli mortali in mare o sulle montagne, sotto le bombe, o legato agli assali di un tir...  E' la riprova di come una testimonianza diretta abbia un impatto ben superiore alla spiegazione di un insegnante o alla lettura di un testo sull'argomento.Clicca per ingrandire

Un ragazzino del mondo occidentale, per poco che guardi film o telefilm, è venuto a contatto con termini come  fuga, notte, paura, sopravvivenza, orfano, assassinio

La prosa di Alidad, quando parla sia della sua vicenda personale sia del problema dei profughi,  in fondo è semplice, le parole sobrie, il tono asciutto; il racconto non indulge mai alla retorica, all'enfasi o alla teatralità e, certo, questa mancanza di artifici lo rende ancora di più vicino e avvincente; eppure è qualcos'altro che alla fine dell' esposizione lascia stupefatti: non c'è una stilla di odio, rabbia o disperazione nelle parole di Alidad, neppure per quei "signori della guerra" che gli hanno sterminato laGina Abbate presenta il libro (Clicca per ingrandire) famiglia, una condanna della guerra certamente sì e, ancor più, del fanatismo e dell'oscurantismo che l'hanno prodotta; ma il suo non vuol essere, non è, un racconto di tragedie, terrori, dolore, ciò che trapela dietro le sue drammatiche vicende sono atti di generosità, espressioni di coraggio, desiderio di conoscenza, momenti di speranza, Gli autografi  (Clicca per ingrandire) forme di solidarietà, forza insopprimibile degli affetti, aspetti, insomma, di una umanità che non conosce barriere geografiche o culturali, di razza o di lingua. 

Del resto Alidad stesso lo precisa alla fine dell'incontro: non ha pubblicato un libro, il suo "Via dalla pazza guerra", per diventare uno scrittore o per raggiungere fama e denaro con un testo autobiografico, ma per essere testimone, lui che ce l'ha fatta, di tante storie come la sua, ma terminate tragicamente; vuol invitare all'amore per la cultura e per il sapere come strumenti per diventare liberi e padroni della propria vita; vuole innalzare un inno alla tolleranza, alla solidarietà, alla speranza, alla fiducia non solo in se stessi, ma nell'intero genere umano. 

Clicca sulle icone qui accanto per vedere due brevi filmati  sull'incontro: Alidad parla dei profughi     Gina Abbate presenta il libro "Via dalla pazza guerra"

 

Qui sotto riportiamo l'articolo de "IL TIRRENO" sulla visita al "Niccolini-Palli"

 

Storia di Alidad, ragazzo guerriero della speranza

di Giulia Mancini

LIVORNO - Alidad Shiri nei corridoi del Niccolini-Palli sembra un alunno qualsiasi, jeans e felpa con su scritto “ogni rovescio ha un suo diritto”, cellulare in una mano e libri nell’altra. Ma questa volta Alidad, che a giugno sosterrà l’esame di maturità, non è in una scuola come studente ma per raccontare la sua storia, di quel viaggio della speranza verso l’ignoto che lo ha portato in Italia. «Vengo volentieri nelle scuole a parlare di me, nutro la speranza che anche altri ragazzi giovani abbiano la voglia di cambiare il mondo e costruirne uno più giusto» dice con l’accento straniero e la sicurezza dei suoi vent’anni. Alidad, “dono di Alì” è un migrante bambino scappato dai talebani con un sogno, quello di laurearsi in giurisprudenza come suo padre e tornare per lottare. Perché la guerra stermina tutta la sua famiglia nei bombardamenti a Ghazni mentre lui e due fratelli più grandi sono usciti per andare a una festa. Alidad parla agli studenti radunati nell’aula magna di come la sua vita è cambiata in meno di qualche minuto. Racconta loro dell’Afganistan, dei monumenti distrutti sotto le bombe, le case ridotte in macerie. «La mia famiglia era stata sterminata e noi, vivi per caso, ci siamo rifugiati in Pakistan con mia zia. Ma non c’era alcun futuro e così sono emigrato in Iran, dove ho lavorato in una fabbrica e quando ho raccolto i soldi, sono fuggito in Europa». Alidad parla del suo viaggio lungo le catene montuose sul confine turco-iraniano, dei cani randagi che gli ringhiavano dietro, dei contrabbandieri da pagare, della paura mentre urlava “Kumak” (aiuto) legato a un tir che dalla Grecia arriva in Italia dove il viaggio si interrompe, i carabinieri lo fermano senza documenti. C’è silenzio fra gli studenti, si ascolta e si realizza che i migranti che arrivano non sono “disperati” ma guerrieri della speranza. Alidad avrebbe voluto andare in Inghilterra invece si è fermato a Merano, ospite del Kinderdorf, dove ha incontrato la sua insegnante di italiano, con la quale ha scritto il libro “Via dalla pazza guerra” per raccontare non solo la sua storia, ma di tutti quei compagni di viaggio che non ce l’hanno fatta o di cui si sono perse le tracce nel sistema di sfruttamento del lavoro minorile. Arrivano le domande, pochi minuti e non ci sono più barriere, è un confronto fra coetanei, curiosità sui rispettivi paesi, le domande sulla paura di ognuno del proprio futuro. Alidad forse studierà economia o giornalismo, vuole tornare nel suo paese e fondare un associazione che salvaguardi i bambini. Adesso è in Italia come rifugiato politico e studia per il suo domani, la sua è una storia a lieto fine .

  da:il tirreno" del 16 febbraio 2013 —   pagina 32   sezione: Nazionale

 

Alidad in rete
chi volesse saperne di più su Alidad Shiri, può scaricare le registrazioni della trasmissione su Radio 3 "Uomini e Profeti" del
29/12/2007 o del 10/03/2012, oppure leggere una sua lettera a proposito della discriminazione a cui è sottoposta nel suo Paese la minoranza Hazara (a cui Alidad appartiene) o anche un suo post, riguardante la situazione dell' Afghanistan in guerra, pubblicato il 10/08/2011 sul sito della comunità Hazara. 

Di Alidad, inoltre, parlano un articolo su "Il Fatto Quotidiano" del 16/10/2009  ed il bollettino d'informazione del  Comune di S. Candido.  Infine, tre sue lettere si trovano pubblicate su questo stesso sito.

 

 

Aggiornato il: 07 marzo 2013