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Alidad Shiri incontra gli allievi di due scuole di Livorno Alidad Shiri, il giovane profugo afghano che dopo infinite vicissitudini ha trovato finalmente rifugio in Italia e ora vive e studia a Merano, è tornato nella nostra città, accompagnato dalla sua insegnante Gina Abbate per parlare di pace e di guerra, di amore e intolleranza agli allievi della scuola media "Bartolena" e dell' ISIS "Niccolini-Palli". Avevamo incontrato Alidad già due anni fa, quando era venuto al Centro Donna per presentare il suo libro "Via dalla pazza guerra" e già allora le sue parole avevano ricevuto l'attenzione di due classi della scuola dell'obbligo oltre che dei vari adulti presenti. Ma stavolta davanti a una platea davvero numerosa (quasi duecento persone tra alunni e adulti) ha potuto parlare per oltre un'ora di seguito nell' ampio salone della scuola "Bartolena", sede di via Michel, senza che si sentisse volare una mosca. Ragazzini, che fino a pochi minuti prima si agitavano vivaci e ciarlieri sulle loro sedie, sono diventati muti e immobili ad ascoltare, talvolta con la bocca semiaperta e lo sguardo fisso sull'oratore, quel giovane di pochi anni più grande di loro che descrive le vicende drammatiche e dolorose che a nove anni appena lo hanno portato a fuggire dal suo Paese devastato dal fanatismo e dalla guerra e a vagabondare prima tra Pakistan e Iran e poi in Turchia e in Grecia, a lavorare duramente come un adulto, a scappare, a nascondersi, a provare la fame e il freddo, a correre pericoli mortali in mare o sulle montagne, sotto le bombe, o legato agli assali di un tir... E' la riprova di come una testimonianza diretta abbia un impatto ben superiore alla spiegazione di un insegnante o alla lettura di un testo sull'argomento. Un ragazzino del mondo occidentale, per poco che guardi film o telefilm, è venuto a contatto con termini come fuga, notte, paura, sopravvivenza, orfano, assassinio La prosa di Alidad, quando parla sia della sua vicenda personale sia del problema dei profughi, in fondo è semplice, le parole sobrie, il tono asciutto; il racconto non indulge mai alla retorica, all'enfasi o alla teatralità e, certo, questa mancanza di artifici lo rende ancora di più vicino e avvincente; eppure è qualcos'altro che alla fine dell' esposizione lascia stupefatti: non c'è una stilla di odio, rabbia o disperazione nelle parole di Alidad, neppure per quei "signori della guerra" che gli hanno sterminato la famiglia, una condanna della guerra certamente sì e, ancor più, del fanatismo e dell'oscurantismo che l'hanno prodotta; ma il suo non vuol essere, non è, un racconto di tragedie, terrori, dolore, ciò che trapela dietro le sue drammatiche vicende sono atti di generosità, espressioni di coraggio, desiderio di conoscenza, momenti di speranza, forme di solidarietà, forza insopprimibile degli affetti, aspetti, insomma, di una umanità che non conosce barriere geografiche o culturali, di razza o di lingua. Del resto Alidad stesso lo precisa alla fine dell'incontro: non ha pubblicato un libro, il suo "Via dalla pazza guerra", per diventare uno scrittore o per raggiungere fama e denaro con un testo autobiografico, ma per essere testimone, lui che ce l'ha fatta, di tante storie come la sua, ma terminate tragicamente; vuol invitare all'amore per la cultura e per il sapere come strumenti per diventare liberi e padroni della propria vita; vuole innalzare un inno alla tolleranza, alla solidarietà, alla speranza, alla fiducia non solo in se stessi, ma nell'intero genere umano. Clicca sulle icone qui accanto per vedere due brevi filmati sull'incontro:
Qui sotto riportiamo l'articolo de "IL TIRRENO" sulla visita al "Niccolini-Palli"
Alidad in rete: Di Alidad, inoltre, parlano un articolo su "Il Fatto Quotidiano" del 16/10/2009 ed il bollettino d'informazione del Comune di S. Candido. Infine, tre sue lettere si trovano pubblicate su questo stesso sito. |
Aggiornato il: 07 marzo 2013 |